Due settimane da primi della classe in solitudine. Prima di tutto, godiamocele. Ma siccome il calcio è uno sport che si segue per novanta minuti e si commenta per giornate intere, impossibile sottrarsi alla frenesia viola che in questo momento aleggia su Firenze e dintorni. Uno dei temi in voga è quello dei paragoni: giochetto più popolare di quello dei pacchi su Rai Uno, ma certamente meno scemo. Cosa può avere la Fiorentina di Sousa in comune con quella del secondo scudetto o del “meglio secondi che ladri” o del tradimento di Edmundo? Possono esserci delle analogie di buon auspicio? Premesso che questo genere di paragoni è solo un’elucubrazioni mentale, senza alcun fondamento reale, proviamo ad azzardare qualche collegamento.
Partiamo dalla Fiorentina dell’ultimo scudetto, quella del campionato 1968/69. E’ passato quasi mezzo secolo, il confronto fra caratteristiche dei calciatori e modo di giocare è onestamente impossibile. Il dato che accomuna le due squadre è l’aver iniziato il campionato senza i riflettori addosso e con molte critiche per il mercato (cessione di Albertosi e Brugnera al Cagliari e Bertini all’Inter). La Fiorentina di Baglini e Pesaola (nella foto) non era stata costruita pensando alla conquista del titolo. Lo scudetto fu una sorpresa per tutti, avversari e tifosi. Al momento c’è in comune anche un altro piccolo dettaglio. Quella Fiorentina perse solo una partita: in casa col Bologna 3 a 1. Lo stesso risultato dell’unica sconfitta per i viola di oggi. Ma siamo solo all’inizio del campionato.
Con la Fiorentina targata De Sisti – Pontello, invece, non vedo alcun possibile accostamento. Quella era una squadra costruita per provare a vincere. Inutile ricordare perché alla fine arrivò seconda. Poco in comune anche con la squadra del Trap e di Cecchi Gori. L’impostazione difensiva? Mah, la Fiorentina finì terza in classifica con la quinta difesa del campionato, non proprio un bunker. Poteva contare su campioni come Batistuta, Edmundo, Rui Costa, Toldo. Quella di oggi è molto più “anonima”. Nessuna stella di prima grandezza (a parte Rossi che ancora non brilla) e tanti buoni giocatori la cui forza in campo è il mutuo soccorso reciproco. Con in più un allenatore che guida i propri giocatori dalla panchina in modo meticoloso. Dispensando suggerimenti. Correggendo posizioni. Richiamando all’impegno e alla concentrazione. I viola sembrano telecomandati a distanza. Speriamo che il wi-fi non abbia cedimenti.
Fabio
Con la squadra del secondo scudetto vedo anche un’altra analogia: Pesaola raccolse l’eredità di una squadra già costruita da Chiappella, che giocava bene ma che mancava di quel quid che il “Petisso” riuscì a darle. Sousa…….