C’è la pagina dove dà alla moglie la libertà di “rimaritarsi” qualora lui non dovesse tornare, con l’unica raccomandazione di accudire bene la figlia e di parlarle di suo padre. C’è l’incredulità per dover sparare e uccidere persone che non conosce. C’è la paura costante della morte. E più ancora della mutilazione. E il dolore di chi teme di non rivedere la propria famiglia. Ci sono emozioni autentiche e riflessioni profonde in “Maledetta guerra”, il diario di Giuseppe Manetti, contadino di Villamagna-Case di San Romolo, fante sul fronte della Grande Guerra. Avrebbero dovuto essere questi preziosi diari, valorizzati e pubblicati dalla nipote dell’autore Cristina Chierchini, i protagonisti della conferenza organizzata dall’istituto Gobetti-Volta, col patrocinio del Comune. Ma così non è stato.
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All’appuntamento di stamattina, nella sala consiliare del palazzo comunale, era presente un’ottantina di studenti: due classi del Gobetti-Volta e una del Machiavelli-Capponi. Saluto dell’assessora alla cultura Annalisa Massari, che ha sottolineato come i diari mettano in luce, al di là della retorica patriottica, che molti soldati non condividevano la guerra: “E’ una storia narrata con il cuore. Vi sono concetti di grande attualità”. Poi ha preso la parola il relatore, il professor Giuseppe Gambino, del Gobetti-Volta. Preparato, lucido nell’esposizione e gradevole all’ascolto, ma terribilmente cattedratico. Un’ora di lezione sulle cause della Prima guerra mondiale e sulle conseguenze come prodromi del fascismo. Niente che non si possa trovare su un buon testo di storia. Qualche sbadiglio, spippolamento di cellulari, la ragazzina seduta accanto a me ne ha approfittato per farsi la treccia (ma stava meglio coi capelli sciolti).
Solo nei minuti finali è passato dallo scenario generale a quello particolare descritto dai diari: la vita, durissima, nelle trincee. Insomma il professor Gambino ha usato un grandangolo, anziché la lente d’ingrandimento. Ha citato Giolitti, Sonnino, Salandra, Marinetti, Cadorna, Diaz (nell’enfasi li ha scambiati, ma fa niente): nomi che probabilmente la maggior parte dei ragazzi presenti ancora non ha toccato con il programma di storia. Così al racconto di Cristina Chierchini su chi era suo nonno, è rimasto un quarto d’ora scarso. Ancora meno tempo per i due studenti del Volta, Lapo e Eugenio, incaricati di far rivivere i diari attraverso la lettura di alcune pagine. Il reale scopo dell’iniziativa, far capire come da un diario di guerra può arrivare un messaggio di pace, come la storia scritta dal basso può essere diversa da quella dell’epica nazionale, che accanto a Enrico Toti c’erano decine di migliaia di Manetti, è stato troncato sul più bello. Peccato.
Ps: A parer mio, in caso di auspicabili “repliche”, la “scaletta” dovrebbe essere completamente rovesciata, lasciando anche uno spazio per qualche domanda dei ragazzi.